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Futurogico: il nuovo Yin e Yang tra intelligenza artificiale ed intelligenza emotiva

Secondo la filosofia cinese il mondo si sorregge grazie a due forze opposte: la ragione e l’emozione, lo Yin e lo Yang.

Futurogico: il nuovo Yin e Yang tra intelligenza artificiale ed intelligenza emotiva

Da qui il simbolo dell’unione di quelli che sembrano due pesciolini speculari e capovolti. Navigando in internet o parlando con colleghi, amici o professori universitari mi sono imbattuta sempre nelle stesse discussioni e in simili riflessioni: dove ci porterà l’intelligenza artificiale? L’intelligenza artificiale evolverà a tal punto da prendere il controllo sull’uomo (primo scenario ipotizzato dal filosofo e scrittore israeliano Harari nel suo libro “Homus Deus”); oppure l’uomo comprenderà i rischi che questo comporta prendendo lui il dominio sui robot?

Vinto e vincitore: uomo o tecnologia.

Fino a quando non modificheremo questo paradigma di pensiero dell’eterna lotta per la supremazia tra uomo e tecnologia, continueremo ad incagliarci nel solito vicolo cieco rimandando la risposta alle generazioni future ed incrociando le dita con un “speriamo che qualcuno in Google o Amazon faccia le scelte giuste”.

Fino a qualche anno fa riponevamo le nostre speranze nelle scelte dei politici, di un partito, di un governo, nel presidente degli Stati Uniti.Adesso guardiamo ai colossi di Google, Amazon e Netflix o a Elon Musk (Fondatore di Space Exploration Technologies Corporation, Tesla Motors e CEO di Neuralink) oppure Jack Ma (Fondatore cinese di Alibaba, una fra le maggiori compagnie di commercio online),sperando che facciano loro la scelta “giusta”, quella più eticamente corretta, senza neppure sapere quale essa possa essere.

Abbiamo molte idee confuse a riguardo, immaginiamo il “nostro” possibile scenario futuro, che definirei “futurogico” ovvero del futuro tecnologico, basandoci perlopiù su letture sporadiche in internet se non addirittura su scenari fantascientifici hollywoodiani.

Stop it! Get deeper!

Spesso non usiamo la nostra intelligenza per leggere appunto dentro le cose (etimologia latina della parola intelligenza da intus legere=leggere dentro, andare a fondo), non ci facciamo una nostra idea, non elaboriamo le nostre conclusioni sulla base di un ragionamento verticale e consolidato, ma raccogliamo “pezzi” di informazioni e arriviamo a conclusioni semplicistiche e comode. Tutto il resto viene considerato tematica per filosofi e pensatori oppure per scienziati ed informatici. Per una tematica che impatta in modo così devastante su quella che è la nostra quotidianità, il nostro lavoro ed il nostro ambiente, ci accontentiamo delle credenze.

Un nuovo paradigma: tecnologia e umano sono una unica nuova dimensione

Dobbiamo cambiare paradigma, dobbiamo ragionare non più nella contrapposizione tra tecnologia ed umano, tra ragione ed emozione. Solo così possiamo uscire dal dilemma del vinto e del vincitore. Tecnologia ed umano non possono più essere viste come due paradigmi divisi o divisibili. Non esistono più queste due dimensioni a sè stanti. Se vogliamo uscire dal vicolo cieco, dobbiamo necessariamente immaginare una terza dimensione. Il futuro dell’intelligenza artificiale si trova esattamente in questa terza dimensione, come quella dello Yin e dello Yang, dove forze opposte sorreggono il mondo integrandosi a vicenda. Ragione ed emozione, intelligenza artificiale e intelligenza emotiva, tecnologia ed umano sono una unica nuova dimensione, due mondi opposti che si integrano e creano un mondo nuovo. Questo è il mondo di oggi e chi ha figli può vedere la differenza tra i secondogeniti nati dopo il 2014 e i loro fratelli maggiori. Per i bambini di 5 anni è normale sapere che Netflix si “ricorda” dove sei rimasto quando hai spento la TV, mentre il nato nel 2010 ancora penserà a premere “stop” per andare a tavola quando mamma chiama.

La neuroscienza dimostra che la tecnologia ha cambiato il nostro cervello

I nativi digitali sono biologicamente diversi, le connessioni neuronali lavorano in modalità differente. Un bimbo di un anno non sa ancora parlare, ma ha già acquisito una gestualità naturale nell’allargare le sue ditina su un iPad per vedere meglio un’immagine, proprio come una volta si inserivano le varie formine in una palla di plastica con i buchini appositi, ve la ricordate? Io sì, ahimè… La neuroscienziata Maryanne Wolf nel suo libro “Reader, come home. The reading brain in a digital world” evidenzia gli effetti dal punto di vista neuronale del mondo digitale. Il digitale ha cambiato il modo di leggere e processare le informazioni modificando le connessioni neuronali nei cervelli dei nativi digitali. La tecnologia ha impattato sull’evoluzione naturale dell’uomo. Natura e tecnologia si fondono creando un mondo che definirei “naturogico” ovvero naturalmente tecnologico. Quando sviluppiamo nel nostro cervello una qualche funzione, che sia il linguaggio o una funzione cognitiva come la memoria, non abbiamo a che fare con una linea diritta nel nostro cervello che dice “Questo è quello che faccio”. Il cervello costruisce una rete di connessioni, una rete di neuroni che hanno un ruolo particolare in quella funzione. Quindi, quando impariamo qualcosa di nuovo, come a leggere oppure una nuova lingua, il nostro cervello crea una rete di connessioni, sviluppa una nuova funzione cognitiva. Le vecchie connessioni vanno ad integrarsi con quelle nuove, il circuito si allarga. Tutto ciò è reso possibile dalla nostra plasticità neuronale.

I primi circuiti sono molto basilari, man mano che questi si integrano con nuovi circuiti, ne viene creato uno nuovo, più ampio. Questo nuovo circuito si costruisce su se stesso perché “riconosce” nuovi punti di connessione. Più allarghiamo con nuovi circuiti il circuito di base, più siamo in grado di collegare nuovi puntini. Questo processo è alla base del Digital Mindset e si definisce come connecting the dots (capacità di collegare informazioni/puntini tra loro).

Sullo stesso principio si basa anche lo sviluppo della stessa intelligenza artificiale: più accede ad una immensa quantità di dati (Big Data), più crea connessioni, più connessioni, più soluzioni. Questa in poche parole è la sintesi estrema dell’intelligenza artificiale: l’intelligenza che autoapprende e si costruisce su se stessa.

Quindi cosa sta cambiando ora con la tecnologia? Come la tecnologia sta influenzando i circuiti del nostro cervello?

Il fatto che un circuito del nostro cervello sia “plastico e flessibile” è sia la sua forza sia il suo tallone d’Achille. I nativi digitali leggono digitale, sono chiamati a leggere molte informazioni con poco tempo per elaborarle. Sono veloci a collegare molte informazioni tra loro in modalità orizzontale, ma hanno difficoltà ad approfondirle verticalmente. La lettura cartacea è più lenta, ma permette una rielaborazione maggiore dell’informazione, da cui ne consegue un apprendimento più profondo. Questo il motivo per il quale la mia generazione preferisce ancora stampare e correggere o fare sottolineature su carta: ci sembra di essere più accurati e meno superficiali, più vicini al contenuto. La lettura digitale premia e favorisce l’elaborazione veloce a costo dei processi di rielaborazione più lenti. Una rielaborazione più profonda ci permette di adottare un pensiero più critico e sviluppare non solo la nostra capacità di analisi, ma anche la nostra empatia rispetto al contenuto del testo ed il suo significato. Una lettura più lenta e profonda ci aiuta a sviluppare non solo la nostra intelligenza cognitiva, ma anche l’intelligenza emotiva perché ci permette anche di “sentire” noi stessi rispetto a quel determinato contenuto.

Skimming e pazienza cognitiva

Attraverso internet accediamo ad una quantità immensa di informazioni sviluppando la capacità di identificare quelle importanti per noi.Per non essere travolti dallo tzunami informativo, dobbiamo necessariamente scremare (skimming). Questo comporta un grosso rischio: scremare sempre e comunque, anche quando invece dovremmo essere più accurati nella lettura come nella verifica delle fonti (purtroppo dilemma sulla diffusione di notizie, ad esempio, sui social), ci allontana a volte, sia dal significato profondo del contenuto sia dal ponte che la lettura approfondita crea con noi stessi.

All’interno del Digital Mindset devo quindi sviluppare non solo la capacità di “skimming”, ma anche quella di rimanere focalizzato sul testo di una lettura approfondita ove necessario e comprendere quando fare l’una o l’altra cosa. Queste competenze vanno allenate contemporaneamente, ad esempio, continuando a leggere un buon libro cartaceo anche quando siamo presi 12 ore dal nostro schermo digitale ed aiutare i nostri figli a fare altrettanto. Dobbiamo dotarci e dotare i nostri figli di quella che Maryanne definisce “pazienza cognitiva”. Questa pazienza cognitiva va utilizzata anche quando pensiamo alla dicotomia uomo e tecnologia, arrivando così, forse, a comprendere che la ricerca della supremazia uomo o macchina è vintage e non “futurogica”. Il nuovo paradigma è l’unione delle due in una nuova dimensione integrata tra uomo e tecnologia, intelligenza emotiva ed intelligenza artificiale.

Futurogico = naturogico?

Abbiamo ancora la distinzione tra naturale e tecnologico oppure possiamo parlare di questa nuova dimensione come un’evoluzione “naturogica” ovvero “naturalmente tecnologica”? Se, come evidenziato dalla neuroscienziata Wolf, la tecnologia ha determinato una evoluzione biologica delle cellule del cervello dei nativi digitali, allora possiamo oggi ancora distinguere cosa è tecnologico perchè creato dall’uomo e cosa è naturale in quanto “indenne” da intervento umano? O forse l’evoluzione tecnologica si è integrata a tal punto nell’evoluzione umana che oramai tecnologia e uomo non si possono più sconnettere e l’una non può essere pensata senza l’altro? Esattamente questa è la nuova dimensione: i confini tra umano e tecnologia sono fluidi, si integrano e si completano a vicenda, senza vinto o vincitore, semplicemente in un qualcosa che è diverso da prima e fa parte dell’evoluzione dell’umanità, tanto quanto l’era glaciale.

Una nuova dimensione naturogica e il cervello bi-alfabetizzato

La differenza nell’era della trasformazione digitale rispetto all’era glaciale è che questa volta possiamo decidere se fare la fine dei dinosauri oppure no, ricordandoci magari che un buon libro stampato ogni tanto ci aiuta a non vivere solo di “skimming”, ma a mantenere anche le buone vecchie connessioni. All’interno di questa nuova dimensione dovremmo modificare anche il paradigma dei due emisferi: non più emisfero destro ed emisfero sinistro, come quello che guida la creatività e quello che guida il pensiero logico, ma vedere il nostro cervello come un “cervello bi-alfabetizzizato”, un emisfero orientato all’intelligenza tecnologica ed un emisfero dedicato all’intelligenza emotiva. Tanto più la tecnologia e l’intelligenza artificiale non solo diventano parte della nostra evoluzione umana, ma addirittura contribuiscono alla stessa, tanto più, proprio come nello Yin e nello Yang, abbiamo bisogno di allenare consapevolezza ed intelligenza emotiva. Solo in questo modo, premendo l’acceleratore non solo sull’intelligenza artificiale ma anche su quella emotiva, le due forze si sosterranno a vicenda e la coscienza umana rimarrà al centro.

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