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Gli “Sdraiati”: Una nuova generazione?

Gli sdraiati  di Michele Serra è un libro che esplora il rapporto generazionale tra genitori e figli, riflettendo su una generazione vista come pigra e apatica. Il titolo fa riferimento alla posizione spesso assunta dai giovani d’oggi, sempre sdraiati sul divano o a letto, immersi nei loro dispositivi tecnologici. Serra narra con ironia e affetto le difficoltà di un padre nel comprendere e relazionarsi con il figlio adolescente, rappresentante di una generazione che sembra preferire l’isolamento e l’inerzia.

Il cervello dei nostri figli completa il suo sviluppo più tardi del nostro. Se prima la corteccia prefrontale, quella dedicata a mettere insieme tutti gli aspetti cognitivi, si sviluppava completamente verso i 18 anni, adesso arriviamo a 24. Perché? Una questione di esperienza, quella di vita, non quella con il naso dentro al cellulare.

Di chi è la responsabilità?

Nostra, di noi genitori. Abbiamo, forse, involontariamente, creato un ambiente che permette ai nostri figli di evitare le difficoltà e le responsabilità della vita adulta. Li proteggiamo con i professori, non vogliamo che prendano brutti voti perché altrimenti saranno traumatizzati a vita. Con il cellulare sappiamo sempre dove sono, evitiamo che facciano errori, scegliamo per loro. Insomma, creiamo intorno a loro un bel nido ovattato e antiurto.

NEETs: una scelta o un privilegio?

Sempre più appartenenti alla Generazione Z stanno diventando NEET (Not in Employment, Education, or Training), ovvero giovani che scelgono di non dedicarsi a percorsi di istruzione, lavoro o formazione. Nonostante il mercato del lavoro sia ai massimi dell’occupazione e i contratti indeterminati in crescita, molti giovani preferiscono aspettare l’opportunità lavorativa giusta piuttosto che accontentarsi di impieghi insoddisfacenti.

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2022 il tasso di disoccupazione globale era sceso al 5,8% rispetto al picco del 6,9% registrato nel 2020. Tuttavia, il numero globale di disoccupati è aumentato leggermente nel 2023 e nei primi mesi del 2024, raggiungendo i 211 milioni, pur mantenendo il tasso stabile al 5,8% (ANSA.it).

Nel mondo ci sono 211 milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni che sono NEETs, ovvero ragazzi che non sono impegnati né in istruzione, né in occupazione, né in formazione. In Italia questa è la situazione di un ragazzo su quattro. E poi la notizia per me sconcertante: molti di loro scelgono di essere NEETs

Ma sul serio???

Una Scelta??? Fermi tutti.

Qui c’è qualcosa che non va e la tecnologia non c’entra! Se i nostri ragazzi possono scegliere di non fare niente, siamo noi che gli permettiamo il privilegio di fare quella scelta! Io una scelta di quel tipo non potevo permettermi di averla, dai miei genitori non ce l’ho tutt’ora. Crescendo in una famiglia dove il lavoro e lo studio erano essenziali, non ho mai avuto il lusso di fare questa scelta. Mio padre, un militare, e mia madre, una maestra, mi hanno insegnato il valore dell’impegno. Ho lavorato duramente per permettermi gli studi in Germania e oggi faccio lo stesso per mio figlio. La vita non mi ha dato molte scelte: dovevo lavorare, non solo per necessità economica, ma per costruire un futuro. Per pagarmi gli studi in Germania lavoravo mentre studiavo facendo la guida ai turisti tedeschi che andavano in Italia e oggi lavoro per dare un futuro a mio figlio e per mantenerci il nostro bel tetto sopra la testa (forse avrei dovuto sposare un bell’uomo ricco che mi mantenesse ma non sono stata così furba ;-). Non sono una super woman e nemmeno un caso eccezionale, tutti i miei compagni di università facevano così. E così è stato per quelli che oggi sono i miei colleghi. Quando avevo vent’anni smadonnavo perché per settimane mangiavo le patate della proprietaria di casa, adesso smadonno per far studiare mio figlio in un campus internazionale. Mi sono fermata un attimo ed ho riflettuto sulle difficoltà che lui possa aver incontrato fino ad ora, nessuna, nemmeno quella della scuola, sempre in un ambiente protetto e privilegiato e mi sono chiesta se sto facendo davvero il suo bene, se lo sto preparando alla vita o se poi potrebbe diventare uno di quelli che arriccia il naso se l’offerta di lavoro non è quella che più gli aggrada.

Come genitore lo sto preparando alla vita?

Ho fermato il nastro e deciso che gli ultimi tre anni li farà in un liceo scientifico pubblico, si prenderà qualche sberla in faccia e non sarà facile tornare a studiare sui libri di carta e la pubblica fa abbastanza pena su tutta la linea dei programmi formativi, ne sono convinta, ma sono anche convinta che se sei in gamba riesci ad andare avanti lo stesso per la tua strada. Forse mi smentirò, ma spero di prepararlo alla vita, anche ora, che per la prima volta da quando ha tre anni, non siamo insieme in estate per un mese a girare il mondo, e lui se ne è andato a sedici anni al Lago di Garda a fare la stagione al suo centro di Kite: “Così mi pago le lezioni per diventare maestro di Kite e giro il mondo gratis quando non studio!”. Bene, speriamo che sia così figlio mio, io sicuramente la scelta di stare a casa a fare nulla non te la darò ma spero anche che tu sia cresciuto in un modo che nemmeno ti passerebbe per la testa.

I ragazzi non lavorano perché vengono pagati poco e allora vanno all’estero?

Scusate ma com’è che da noi i NEETs sono di più che in Portogallo e Croazia? Certo, le figure specializzate come medici ed ingegneri all’estero vengono pagati di più e abbiamo anche, e sottolineo anche, necessità di rivedere il sistema in tal senso se vogliamo sostenere lo sviluppo economico del nostro paese e non vogliamo perdere i nostri talenti ma qui parliamo di chi quel talento sta aspettando ancora di scoprirlo sul divano navigando sui social. Torniamo quindi per un attimo alla forma mentis che noi stiamo creando in quei ragazzi che dicono di non fare nulla per scelta perché aspettano l’occasione giusta. Pensiamo davvero che un Direttore del Personale o Recruiter risponda ad un ragazzo “Certo hai fatto bene, adesso sono qui per dartela?” Ma se i ragazzi questa benedetta esperienza di vita non la fanno o attendono a farla come possono completare la formazione della loro corteccia prefrontale? Mi pare ovvio che dai 18 anni dei nostri tempi questa adesso si completi a 24 anni e che se prima definivamo “Teenagers” i ragazzi tra i 14 e i 18, adesso i ragazzi diventano adulti a 24 e molti neppure a quella età!

Tutta colpa del sistema

Questa narrativa dei NEET che responsabilizza Covid, stress, isolamento, tecnologia per tutti i mal di noia dei nostri figli ed il loro stress mentale fino alla crescente depressione, mi sembra spesso una giustificazione per non affrontare il problema alla radice. La verità è che noi, come genitori, abbiamo un ruolo cruciale. Se i nostri figli pensano che stare a casa senza fare nulla sia una scelta valida, forse è perché glielo permettiamo e gli abbiamo formati ad essere fragili. Non possiamo lavarcene le mani e incolpare solo la società o il sistema. Dobbiamo essere noi i primi a instillare nei nostri figli la determinazione e la voglia di migliorare, a prescindere dalle difficoltà.

Il valore del lavoro e del sacrificio

Una nota sociologa ha osservato che il lavoro ha perso valore perché non è più visto come un mezzo di riscatto per migliorare la propria condizione. Oggi, molti giovani percepiscono il sacrificio lavorativo non come un investimento per il futuro, ma come uno sforzo senza prospettive. Questo fenomeno è aggravato dalla percezione che lo stesso lavoro fatto all’estero renda di più e che le opportunità di carriera e di guadagno siano migliori fuori dall’Italia.

L’Italia ha un tasso di occupazione più alto e un tasso di disoccupazione più basso degli ultimi anni, e i contratti a tempo indeterminato sono in crescita. Tuttavia, c’è ancora un grave scollegamento tra scuola, università e lavoro. Il disorientamento dei giovani parte dalla scelta delle scuole superiori. A differenza di altri paesi, in Italia non si fanno colloqui one-to-one per capire meglio le predisposizioni dei ragazzi, e i genitori spesso non sanno consigliare. I primi drammi partono con la fine della scuola media, quando si deve scegliere le superiori, e i genitori cercano di accogliere le poche idee confuse dei loro figli quattordicenni. I figli scelgono sulla base di ciò che hanno sentito o capito, magari da un open day, se sono fortunati. Tra i genitori, la divisione è ancora troppo netta tra chi sceglie un liceo per avere un diploma che consenta l’accesso all’università e chi ritiene che un percorso tecnico o professionale sia per chi non ha voglia di studiare, nonostante il fatto che l’83% di chi termina un ITS trovi lavoro.

I programmi di orientamento per i ragazzi delle medie sono inesistenti; alle superiori, qualche insegnante e scuola fa qualche sforzo in più, e i career service delle università fanno solo da ufficio collocamento stage. E per i ragazzi che se ne stanno sdraiati in camera loro a fare niente: il vuoto. Nonostante i finanziamenti del PNRR per 1,6 miliardi del 2023 destinati all’occupazione giovanile, i ragazzi non ricevono il supporto necessario. Molti non lo cercano, e altrettanti genitori si mettono le mani nei capelli quando è troppo tardi, perché quella benedetta forma mentis a 20 anni la cambi con tanta, ma tanta difficoltà.

Orientamento ed educazione da parte dei genitori

Mentre il fenomeno dei NEET è una realtà complessa e multiforme, credo fermamente che un cambiamento sia possibile. Come genitori, educatori e membri della società, abbiamo la responsabilità di guidare i nostri giovani verso un futuro più attivo e partecipativo. Non possiamo permetterci di lasciare che la prossima generazione veda l’apatia e l’inattività come opzioni accettabili. Dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo vedere.

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