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 I nostri figli e l’AI: perché non possiamo accontentarci di sentirci “indietro”

Durante una cena tra amici durante le vacanze natalizie una mamma mi dice “Tu sei su un’altra dimensione! Io mi sento così inadeguata con mio figlio”. 

Eppure, devo ammettere mio malgrado che non è così. Nonostante i miei studi in Cyberpsichology, nonostante sia anche una psicologa, nonostante abbia pubblicato un libro sulla AI nel 2019, nonostante sia io quella che fa scoprire a mio figlio tanti strumenti, ecco… nonostante tutto due anni fa non mi ero accorta che proprio mio figlio era diventato dipendente da un gioco che allora andava molto online. 

Stava accadendo sotto il mio naso e non me ne ero accorta. 

I nostri figli e l’AI: perché non possiamo accontentarci di sentirci indietro

Ed il punto è proprio questo: non esiste competenza o formazione che tenga se il nostro grado di allerta ed attenzione viene meno anche solo per poche settimane. Non parlo di controllo, il parent control sul cellulare funziona, ma non è questo il punto. 

Il nocciolo della questione è che, seppur dotati del super potere del parent control, ci sentiamo fortemente e disgraziatamente inadeguati rispetto a quelli che ai nostri occhi sembrano dei “mini guru tecnologici” che ci salvano inesorabilmente quando non sappiamo come fare il reset del cellulare o quando ci si blocca il portatile.

Per non parlare di frasi come queste:

“Mamma, ho installato questa nuova app di intelligenza artificiale, guarda cosa riesce a fare!”
“Papà, voglio fare un video su TikTok con un effetto speciale che sfrutta l’AI!”

Quante volte abbiamo sentito frasi simili, magari pronunciate dai nostri figli con una naturalezza che ci lascia a bocca aperta? Vediamo i ragazzi passare con estrema rapidità da un’app all’altra, come se la tecnologia fosse un’estensione del loro essere. Ed è normale domandarci: “Ma allora, sono loro il futuro? Sono già più avanti di me!”

La risposta potrebbe sorprenderti: sì, i ragazzi sono velocissimi con smartphone e app, ma non per questo si può dire che abbiano una visione profonda di cosa significhi veramente usare l’AI e il digitale in modo consapevole, critico ed etico. Ecco perché noi genitori—anche se un domani saremo semplicemente “nonni curiosi”—abbiamo un ruolo fondamentale: formarci, per poterli formare.

La “generazione di mezzo” e la nostra responsabilità

I nostri figli rappresentano la cosiddetta “generazione di mezzo”: nativi digitali, sì, ma ancora in costruzione dal punto di vista valoriale e culturale. Vivono un presente iper-tecnologico e guardano al futuro con facilità d’uso di strumenti che a noi appaiono complessi. Ma non è detto che sappiano gestire i confini, distinguere il vero dal falso, selezionare contenuti utili e impostare (per esempio) un adeguato livello di privacy.

Tra qualche anno, i figli dei nostri figli—i nostri nipoti—erediteranno le scelte che stiamo facendo oggi.

Se ci fermiamo di fronte al senso di inadeguatezza (“Tanto ne sanno più di me”), rischiamo di non svolgere quel compito critico che compete a noi adulti: domandarci come orientare l’uso di queste tecnologie, come insegnare ai ragazzi a non accontentarsi di ciò che è facile e immediato. In poche parole, come aiutarli a vedere nell’AI non solo un gioco tecnologico, ma uno strumento di crescita.

Genitori e stili diversi… un obiettivo comune

Nel mio sito, ho individuato quattro “profili genitoriali” (link al test genitori) legati al rapporto con la tecnologia:

  1. Genitore Adattivo:
    • Equilibrato, aperto al dialogo, ma a volte sottovaluta il bisogno di formarsi (pensando che i ragazzi “sapranno arrangiarsi da soli”).
  2. Genitore Elicottero 2.0:
    • Estremamente protettivo e desideroso di controllare tutto. Tende però a sentirsi sopraffatto dalle novità continue.
  3. Genitore Permissivo/Disconnesso:
    • Vive la tecnologia come “roba per ragazzi” e non la segue abbastanza, rimanendo all’oscuro dei pericoli e delle opportunità.
  4. Genitore Pragmatico:
    • Cerca il giusto compromesso, usa la tecnologia se serve, ma potrebbe approfondire di più le potenzialità (e i rischi) dell’AI.

Qualunque sia la nostra “etichetta” o il nostro mix, l’obiettivo comune è lo stesso: non lasciare che i ragazzi crescano con la sola “manualità digitale”, priva di uno sguardo critico. Sì, perché un figlio che non sa come distinguere una fake news da una notizia vera o come proteggere i propri dati online, rischia di cadere in trappole su cui noi genitori abbiamo il dovere di metterlo in guardia ma soprattutto non sa che le vie brevi e le scorciatoie possono avere conseguenze per il suo pensiero critico.

“Una app al giorno toglie l’ignoranza (digitale) di torno!”

C’è un modo semplice e divertente per colmare il divario tra la nostra generazione e la loro abilità tecnologica: sperimentare insieme. Ecco un esercizio che ti propongo:

  1. Esplora il portale “There Is An AI For That”
    – È un sito (lo trovi qui) che raccoglie decine di app e tool basati sull’AI, suddivisi per categorie.
  2. Scegliete insieme una nuova app
    – Può essere qualcosa che crei musica con l’AI, un software di scrittura creativa o un sistema di editing fotografico avanzato.
  3. Testatela a quattro mani
    – Lascia che tuo figlio “smanetti” e osserva come si muove, ma allo stesso tempo non limitarti a guardare: chiedi, esplora, smonta e rimonta le funzioni.
  4. Momento di confronto
    – Come funziona l’app, che dati chiede, dove finiscono questi dati? Ci sono rischi? C’è dietro un algoritmo “poco trasparente”?
    – Insegnagli a chiedersi il “perché” e il “come” dei risultati che ottiene, anziché accontentarsi di cliccare un pulsante.
  5. Approfondimento
    – Dedica del tempo a cercare informazioni esterne: recensioni, commenti di altri utenti, possibili problemi. Fagli capire che prima di fidarti di un’app, devi valutarne l’affidabilità.

Ripetere questo “gioco” più volte (ad esempio, una volta a settimana) aumenterà la confidenza con l’AI e—cosa ancora più importante—nutrirà la curiosità e il pensiero critico di tuo figlio. E magari… anche il tuo. 

Il ruolo (fondamentale) del pensiero critico

Se c’è una cosa che rischiamo di perdere nell’era digitale, è proprio il pensiero critico: accettiamo risultati di ricerca, post e video senza chiederci chi ne sia l’autore o quale scopo abbia. Educare un figlio a “smanettare” consapevolmente non significa proibire le tecnologie o fargli fare corsi di laurea in Informatica anticipata, ma insegnargli a porsi domande.

  • Che tipo di risposta mi sta dando ChatGPT?
  • Come possono approfondire questa risposta?
  • Ho verificato l’informazione, il contesto, i link che mi vengono proposti, le citazioni?
  • Come posso usare chatGPT come Co-Intelligenza invece che semplice scorciatoia per avere delle risposte veloci?

Se saremo costanti nell’allenare questa mentalità, avremo formato piccoli (e grandi) cittadini digitali in grado di utilizzare l’AI, invece di esserne usati o ancor peggio: appiattiti.

Il futuro… è (anche) nelle nostre mani

Un giorno, probabilmente, ci troveremo a sorridere guardando i nostri nipoti utilizzare tecnologie ancora più avanzate (ricordiamoci che l’AI che usiamo oggi sarà la peggior versione di quella che useremo domani), in un mondo di cui oggi riusciamo solo a immaginare i contorni. Ma le scelte che facciamo ora—come genitori che non si arrendono alla sensazione di “rimanere indietro”—incideranno su quel futuro. Se oggi li formiamo, domani loro potranno fare scelte più sagge e responsabili.

Non limitiamoci, quindi, a dire “lascio fare tutto a loro, tanto ne sanno più di me”. Noi siamo quelli che possono insegnare a queste nuove generazioni la differenza tra un semplice “strumento” e una vera e propria “opportunità di crescita”. Perché accendere un computer non è la stessa cosa che accendere la mente.

“Diamo ai ragazzi radici e ali,” dice un vecchio proverbio.


Oggi potremmo aggiornarlo in: “Diamo ai ragazzi radici, ali… e un sano spirito critico verso l’AI.”

Buona esplorazione e buona (ri)scoperta dell’Intelligenza Artificiale, insieme!

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