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Perché gli ATS sono un disastro per il reclutamento

Immagina di continuare a inviare CV, con anni di esperienza e competenze solide, e di non essere mai chiamato per un colloquio. Oppure, immagina di essere un’azienda e di trovarti davanti candidati filtrati dal tuo sistema ATS che sono decisamente inadeguati, chiedendoti perché non trovi la figura che cerchi. Questa è la realtà con cui molti candidati e aziende si confrontano oggi. Gli Applicant Tracking Systems (ATS), nella loro forma attuale, sono spesso un disastro per il processo di reclutamento. Ecco perché.

Perché gli ATS sono un disastro per il reclutamento

La grande illusione dell’innovazione

Tanti colleghi nel settore HR vantano di utilizzare gli ATS per dimostrare quanto siano moderni e innovativi. Ma quanti di loro capiscono veramente come funzionano questi sistemi? Pochi, temo. Molti adottano un ATS senza avere la minima idea di come operi realmente, cadendo così in una trappola ben nascosta. La realtà è che gli ATS sono progettati per ridurre il carico di lavoro dei reclutatori, ma a che prezzo?

Parole chiave: il pugno di ferro degli ATS

Gli ATS analizzano i CV alla ricerca di parole chiave specifiche, ma cosa succede se il candidato usa sinonimi o termini leggermente diversi? Ecco un esempio: “coordinare” non è “coordinando” e “organizzazione” non è “organizzata”. Queste differenze semantiche possono far sì che un candidato qualificato venga scartato ingiustamente. Gli ATS non sono in grado di cogliere le sfumature umane, limitando drasticamente la qualità della selezione.

Candidati validissimi persi nel limbo

Uno studio di Jobscan ha dimostrato che il 75% dei CV inviati non viene mai visto da un occhio umano a causa delle restrizioni imposte dagli ATS. Quindi, mentre i selezionatori si godono una falsa sensazione di efficienza, i candidati validi si perdono nel limbo dei CV scartati. In effetti, molte aziende potrebbero trovarsi a scartare proprio i talenti che stanno disperatamente cercando.

Il paradosso del candidato esperto

I candidati spesso si chiedono: “Perché, nonostante la mia esperienza e competenza, non vengo chiamato per un singolo colloquio?” La risposta è semplice e frustrante: il loro CV non supera i filtri dell’ATS. Questo è il vero problema. Gli ATS non valutano l’esperienza e la competenza nel loro contesto, ma si limitano a cercare corrispondenze esatte di parole chiave.

I veri problemi degli ATS: parliamo di dati

Un ATS è utile solo quanto i dati che contiene. La verità? Molti reclutatori non sono addestrati a inserire dati corretti e consistenti. Senza dati accurati, gli ATS diventano inutili. La mancanza di standardizzazione e di una formazione adeguata porta a un sistema che invece di semplificare, complica.

L’esperienza del candidato: un incubo digitale

Immagina di essere un candidato che deve inserire manualmente le stesse informazioni più volte perché l’ATS non può estrarle dal CV. Frustrante, vero? Questo processo ridondante dissuade i candidati più qualificati, che semplicemente decidono di non completare l’invio della propria candidatura. Gli ATS spesso rendono l’esperienza del candidato un vero incubo digitale, allontanando proprio i talenti che si vuole attrarre.

Pensare come un candidato: la chiave del successo

Le aziende spesso pensano al reclutamento dal proprio punto di vista, senza considerare l’esperienza del candidato. Perché non pensare al candidato come a un cliente? Comprendere le loro motivazioni, le difficoltà che incontrano e cosa li spinge a scegliere una posizione può migliorare drasticamente il processo di reclutamento.

  1. Motivazioni dei candidati: I candidati cercano opportunità di crescita professionale, un ambiente di lavoro positivo e benefici competitivi.
  2. Esperienza del candidato: Un processo di candidatura snello e senza intoppi aumenta la probabilità che i candidati migliori completino l’invio della propria candidatura e rimangano coinvolti nel processo.

l’ATS perfetto: esiste?

Forse è ora di ripensare il modo in cui utilizziamo gli ATS. Un ATS non deve essere un sostituto del giudizio umano, ma un supporto. Deve essere configurato e personalizzato in modo da mettere al centro il candidato, non solo l’efficienza operativa. Solo così possiamo evitare le trappole e creare un processo di reclutamento veramente efficace e umano.

E’ abbastanza chiaro quindi, che gli ATS, se mal gestiti, possono essere un disastro. Ma con una comprensione approfondita del loro funzionamento e una configurazione mirata, possono trasformarsi in potenti alleati nel recruiting. La chiave è bilanciare tecnologia e umanità, mantenendo sempre il candidato al centro del processo.

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